Ducati Streetfighter V4
TESTER – Clara

Cattiva: Basta uno sguardo per capire che la Ducati V4 Streetfighter 1100 non è una signorina docile. Nella colorazione rosso Ducati si mostra in tutta la sua bellezza, che ti guarda prepotente e con aria di sfida perché lei è così: superba e folle.
Sicuramente non è una moto per neofiti: la potenza pare infinita, ben 208 cv per 178 kg di peso e arrivare al limitatore sembra un’impresa da astronauti perché l’impressione è quella di decollare ancora prima di raggiungere i 10.000 giri… non a caso, sono presenti le ali biplano per addolcire la sua esuberanza.
Al primo sguardo colpisce per il suo look aggressivo, una vera sportiva travestita da nuda, con un faro anteriore avveniristico e un codino affilato che sembra uscire direttamente dalla pista per competere con la sua sorella più racing, la regina Panigale.
Le dimensioni sono compatte ed il peso contenuto, considerando il motore imponente attorno al quale è costruita. Certo, non è una piuma, in particolar modo da ferma, e le manovre possono creare qualche problema, anche perché l’angolo di sterzo non è molto ampio. Di contro, la sella è abbastanza bassa e stretta, caratteristica che agevola i piloti più piccoli come me, che dall’alto del mio metro e 60 non ho avuto problemi a toccare con entrambi i piedi a terra.
Con il dovuto timore reverenziale, il giorno del test salgo in sella e provo a fare amicizia con il computer di bordo, un’impresa da fantascienza perché la quantità di informazioni disponibili è senza fine! Il display è molto bello e perfettamente leggibile. Capisco subito che il pilota pistaiolo potrà trovare grandi soddisfazioni in tutte quelle misurazioni da cordoli ma io, col mio stile un po’ rustico e senza possedere il brevetto di volo, memorizzo ciò che mi interessa: velocità, giri del motore, cambio delle mappature . Ho avuto difficoltà a visualizzare quanta benzina ci fosse all’interno del serbatoio, chiedo scusa per non essermi impegnata più di tanto nel capire come funzionasse il computer di bordo, ma ero davvero concentrata sulla guida!
Una volta accesa, colpisce il sound del particolarissimo scarico sotto il motore che ruggisce, lasciando intuire la sua capacità di urlare. Il suono è musica rock, anche se, dopo un’intera giornata di guida, le mie orecchie sono un po’ provate.
Se da ferma i kg si fanno sentire, in marcia diventa leggerissima e agile, pronta ad aggredire una curva dopo l’altra, ma d’altronde il suo nome parla chiaro: la Streetfighter è un cacciabombardiere della strada! Intuisco subito di avere tra le mani una vera arma per il misto stretto, quanto per le curve più ampie, dove in men che non si dica raggiunge velocità elevatissime. In effetti, la cosa difficile è rispettare il Codice della strada. L’accoppiata motore-ciclistica è un sogno che gli ingegneri Ducati hanno reso realtà ed io ammetto di essermi follemente innamorata di questa moto!
La posizione in sella è perfetta: con un manubrio alto e largo, l’ho trovata molto comoda, non troppo caricata sulle braccia e poco stancante. Anche il posizionamento delle pedane è ideale per le mie gambette, anche se ho la sensazione che il pilota alto possa essere un po’ sacrificato. Ma chissenefrega, tanto con la Streetfighter bisogna andare a divertirsi, mica a Capo Nord!
Premetto che non sono un’amante dei 4 cilindri, ma devo dire che il motore mi ha davvero sorpresa per la sua erogazione, molto simile a quella dei 2 cilindri, con tanta coppia in basso, ma con in più un allungo che non finisce mai. Ho persino pensato che in Ducati si fossero sbagliati e mi avessero dato il V2, ma il display con i suoi 15.000 giri in rosso mi ha riportato rapidamente alla realtà. 15.000 giri che non ho avuto il piacere, né il fegato di raggiungere – e che sconsiglio a chiunque di provare su strada – ma che restano un sogno nel cassetto da testare in pista. L’erogazione è sorprendente e invece di bucare l’asfalto o consumare il battistrada del gommone da 200 a terra, aiuta ad uscire dalle curve in velocità, ma in sicurezza, grazie alla sofisticata elettronica di cui è dotata. Non ho mai avuto la sensazione di non riuscire a gestire il motore e la moto resta ben piantata a terra, quasi con gentilezza. Sono però convinta che gli amanti dei monoruota, avranno di che divertirsi (disinserendo il Wheelie Control).
Il test si svolge tra i colli bolognesi con i suoi famosi passi e una puntatina al Mugello, senza ingresso in pista. Dicono che i panorami di queste zone siano meravigliosi, ma in sella alla Streetfighter l’unica cosa che conta sono i 208 cv e farli danzare a tutto gas tra una curva e l’altra. Anche se si fosse fermato Raoul Bova a chiedermi l’autografo, non me ne sarei accorta perché lo sguardo era fisso sull’asfalto! Il potente motore è ottimamente supportato da un impianto frenante di altissimo livello Brembo, a 4 pistoncini, con due dischi da 330 mm all’anteriore e uno da 2 pistoncini e un disco da 245 mm al posteriore, che mi è piaciuto moltissimo dato che lo utilizzo parecchio, anche in percorrenza di curva, per “sedere” la moto e chiudere le traiettorie, soprattutto nel misto stretto. In uscita di curva, una manata di gas e la Streetfighter si fionda letteralmente verso la curva successiva.
Decido di utilizzare la mappatura sport nella prima parte del test ed escludo di passare alla race perché mi sembra davvero troppo. I buoni propositi vanno a farsi friggere in un batter d’occhio in prossimità del Mugello: ci deve essere qualcosa di strano nell’aria che dà alla testa! Imposto quindi la mappa race. A questo punto i miei neuroni perdono le loro connessioni, l’unica cosa che conta è il divertimento e dimentico volontariamente come si cambiano le mappe. L’erogazione rimane comunque gestibile e le sospensioni un po’ più sostenute.
Nota di merito per queste ultime, che lavorano perfettamente in ogni situazione. Mi aspettavo una molto molto rigida e invece la Streetfighter è in grado di copiare le asperità dell’asfalto senza farti venire il colpo della strega, regalando una confidenza inaspettata e permettendo di guidare con facilità anche in città e nel traffico.
Il cambio è un altro argomento degno di nota. In Ducati mi dicono “metti la prima e dimenticati della frizione”. Wow, il cambio è elettronico! Anche qui devo fare amicizia con la Streetfighter e superare l’automatismo del tirare la leva. Non è la mia prima volta con questo tipo di cambio, ma devo abituarmi. Un po’ di prove e ci capiamo: inserire e scalare le marce diventa velocissimo. Mi trovo benissimo a scalare anche due marce prima dell’ingresso in curva, mentre fatico ad inserire quelle più alte. Non sempre, infatti, riesco ad aumentare di marcia quando desidero e non so se sia dovuto ad un cambio poco preciso oppure al mio approccio (propenderei per la seconda). Sicuramente la leva del cambio non è regolata per le mie dimensioni fisiche, risultando scomoda per il mio piedino sinistro. Stesso problema per il cavalletto: ho serie difficoltà a metterlo e a toglierlo quando sono seduta sulla moto e penso che quando mia mamma mi ha fatta motociclista, avrebbe potuto aggiungere quei 5 cm di gamba, ma probabilmente era distratta.
Se c’è una cosa che amo è il vento per la sensazione di libertà che dà. Bene perché sulla Streetfighter l’aria è protagonista: la protezione aerodinamica è infatti assente e, considerate le velocità che si possono raggiungere, c’è da sperare che Eolo si svegli col piede giusto… con me è stato abbastanza clemente.
Come si conclude questa giornata di test in sella a questa bellezza? Con un sorriso stampato in faccia, tanta adrenalina in corpo che sto ancora smaltendo ed un leggero indolenzimento ai muscoli di braccia e gambe perché la guida è molto fisica. Insomma, avete presente la differenza tra il bravo ragazzo da sposare e quello impossibile per cui perdere la testa? Beh, la Streetfighter è sicuramente come il secondo, tutta passione, follia ed emozioni, impossibile da dimenticare…